Si inizierà assaggiando la pizza alla Formaggella del Luinese e al lardo lonzato del Monte Rosa, ma il progetto del Festival della pizza, presentato alla Schiranna, vuole andare oltre e toccare l ‘ educazione alimentare di adulti e piccoli. L ‘ iniziativa è stata presentata ieri nella sede della festa del Partito democratico dove il 22, 23 e 24 agosto ci sarà una sorta di ” antipasto ” di ” Varese, che pizza ” . Per la prima volta il menu vedrà la presenza di pizze con prodotti del territorio. Inoltre i professionisti chiamati al forno, vale a dire Valerio Torre e Pasquale Moro, si muoveranno fra i tavoli per spiegare il segreto del cerchio di farina, lievito, sale, olio e acqua. «Inoltre al termine di questa prima tre giorni di esperimento – ha spiegato Bassano Falchi, coordinatore di Schiranna in festa – vogliamo ampliare il progetto portandolo nelle scuole, attraverso momenti di conoscenza e di prove pratiche. In questo modo bambini e ragazzi possono rendersi conto e capire che la farina, così come tutti gli altri prodotti, non arriva dalla televisione, ma ha una storia di lavoro: dalla semina, alla raccolta, fino alle nostre tavole. Oltre alle scuole, vorremmo coinvolgere pure la Camera di commercio, il Comune e le associazioni di categoria». Per questo «ospiteremo due professionisti di grande qualità – ha detto il consigliere comunale del Pd, Giacomo Fisco – che ci daranno l ‘ opportunità di ampliare la festa ad ambiti nuovi: dopo il festival della birra, ora tocca alla pizza». Si tratta di un progetto che «abbiamo già portato avanti in Emilia Romagna e nel Milanese – ha affermato Valerio Torre – e ora sarà una sfida anche per noi creare delle pizze con prodotti di qualità e, magari, nelle prossime edizioni, allargare le ricette con altri ingredienti prealpini». Alla base del festival, il cui logo è stato ideato da Irene Trevisan, «ci sarà tutta la nostra passione per la pietanza – ha detto Pasquale Moro – che ci ha portato a studiare come la pizza e i suoi ingredienti possano essere valorizzati a seconda del grado di conoscenza e di come vengono lavorati. Vogliamo far capire al pubblico che il sano e il buono, talvolta, non sono la stessa cosa. Anzi: e per tutelare la nostra salute, bisogna seguire e premiare la qualità»

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